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Storia

Le origini di Santo Stefano risalgono a tempi remoti sebbene nessuna ipotesi sia suffragata da ritrovamenti archeologici per via dei numerosi terremoti verificatisi nell’arco dei secoli nella Valle del Savuto.

Una delle ipotesi più valide è quella avanzata dal Padula, che, nella Protogea, colloca in questi luoghi la città brezia di Hetriculum, ricordata da Livio.

Riflessioni sui mutamenti fonetici, che dal latino Hetriculum portano al greco StefanoV, inducono il Padula a dare anche una giustificazione dell’attuale toponimo.

L’unica traccia che lascia pensare che Santo Stefano sia stato sede di insediamenti abitativi è il ritrovamento, nel 1910, di un tesoro di monete argentee elleniche del V e VI sec. a.C., costituito da 300 pezzi, di cui solo 19, arcaici di tipo incuso e appartenenti alle colonie greche di Poseidonia, Metaponto, Sybaris, Kroton, Kaulonia, sono tuttora esposte al Museo Archeologico di Reggio Calabria.

 

L’analisi attenta del portale della Chiesa Matrice mostra che nella sua costruzione sono stati utilizzati fregi appartenuti con ogni probabilità ad un tempio pagano che doveva essere vicino o sottostante la chiesa stessa.

In base a fonti certe si può affermare che un nucleo abitativo esista, come rione di Mangone, già all’epoca della formazione dei casali di Cosenza, quando i superstiti cosentini abbandonarono la città a seguito dell’invasione saracena, nell’arco di tempo che va dall’anno 975 all’anno 986.

 

S. Stefano viene citato in alcune fonti storiche quando, nel 1188, Ruggero Parisio, feudatario di Figline e S. Stefano, partecipa alle crociate con Guglielmo il Buono.

Una data cruciale per la storia di Santo Stefano è il 1638, anno in cui un tremendo terremoto lo rade al suolo, provocando la morte di oltre 200 persone. L’attuale centro storico viene costruito in quegli anni sui resti del vecchio centro abitativo, che risulta dislocato lungo un arco ai piedi del Monte Tirone.

Nella seconda metà del XVII secolo, inoltre, Santo Stefano viene colpito dalla peste, che provoca una ulteriore decimazione della popolazione. Per tale calamità ai santostefanesi viene attribuito l’appellativo di “PESTOSI”.

Nel 1806, a seguito della riforma amministrativa attuata dai Francesi, Santo Stefano, frazione di Mangone, viene compreso nel territorio di Pietrafitta, e solo nel 1811 il Ministero dell’Interno, nell’apportare le necessarie modifiche alla circoscrizione amministrativa, trasferisce Mangone, e quindi Santo Stefano, nel circondario di Rogliano. In tale anno gli abitanti sono 738.

Nel 1833 Santo Stefano ottiene l’indipendenza da Mangone, diventando comune autonomo.

Un’altra catastrofe sismica, del 12 febbraio 1854, provoca ingenti danni al paese, soprattutto nel quartiere compreso tra Piazza S. Maria e Gravata, dove i palazzi di proprietà delle famiglie Mazzei, Mascaro e Mauro vengono parzialmente distrutti. Non si registrano, comunque, vittime tra le macerie ma soltanto feriti.

 

Durante il periodo risorgimentale, tra i molti santostefanesi che partecipano ai moti insurrezionali, sono da annoverare i fratelli Giuseppe e Rodolfo Mazzei. Il primo nasce a S. Stefano nell’ottobre del 1808 dai coniugi Raffele e Teresa Nicoletti. Il 28 giugno 1848, durante l’insurrezione delle masse calabresi contro l’esercito borbonico, al comando della Compagnia dei Cosentini, cade da eroe nella battaglia detta dell’Angitola, in località Scammaci, nel comune di Curinga (CZ).

Rodolfo Mazzei nasce l’8 aprile 1919 a S. Stefano. In qualità di vicecomandante della compagnia dei Roglianesi, partecipa alle sommosse nelle località di Paola, Spezzano Albanese, Cassano e Castrovillari.

Sedata l’insurrezione da parte borbonica, viene arrestato e portato nelle carceri del castello di Cosenza, dove muore il 24 giugno 1851.

Fra i patrioti del 1860 si annovera Raffaele Mazzei, figlio di Giuseppe, che, insieme a Donato Morelli, partecipa ai moti rivoluzionari.

 

In occasione del primo censimento generale della popolazione del Regno d’Italia, riferito al 31 dicembre 1861, al nome viene aggiunto “di Rogliano”; tale toponimo è tuttora vigente.

La storia di Santo Stefano è segnata ancora da importanti eventi sismici, quello del 4 ottobre 1870 e quello del 1905.

 

Durante il periodo del governo fascista, più precisamente nel 1928, il paese, insieme a Marzi, Mangone e Parenti, viene aggregato a quello di Rogliano; riacquista l’autonomia amministrativa nel 1937.

 

Un cenno a parte merita il fenomeno dell’emigrazione. Santo Stefano, come tutti i comuni del Savuto, offre un’alta percentuale della sua forza lavoro. L’emigrazione rappresenta certamente una frattura familiare ma anche una necessità inderogabile di fronte ad una realtà che non offriva alternative.

Il flusso migratorio si dirige verso Stati Uniti, Canada, Argentina, Brasile, e, in epoche successive, in Svizzera, Francia, Belgio e Germania.

Da statistiche risalenti al 1905 si attribuisce a Santo Stefano un coefficiente migratorio del 34 per mille. Si continua ad emigrare da Santo Stefano fino alla Guerra Mondiale.

 

Con le rimesse si ottiene un sollievo economico che stimola lo sviluppo sociale e culturale del paese. Dopo il fascismo si riapre il fenomeno migratorio: contadini ed operai partono in massa per le Americhe.

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